MARIO BAVA Così lo descrive suo figlio Lamberto articolo di Renato Venturelli

Mario Bava in una delle sue rare apparizioni in pubblico alla  XXXIV edizione del Fantafestival [Mostra Internazionale del Film di Fantascienza e del Fantastico  (14 luglio al 7 settembre 2014) 

All’ estero lo considerano un genio del cinema. All’ estero lo considerano un genio del cinema. A Hollywood registi come Scorsese e Tarantino, Tim Burton o John Landis lo celebrano come uno dei loro maestri. In Francia, poi, è oggetto di culto fin dagli anni Sessanta. In Italia, invece, Mario Bava continua ad essere amato soprattutto da adepti e intenditori: e a Sanremo, la città dov’ era nato, hanno fatto festival e rassegne su tutto, ma non si sono mai ricordati di lui con una manifestazione veramente importante.  Forse dipende dal fatto che Mario Bava praticava quei generi popolari che fanno sempre storcere un po’ il naso ai cultori nostrani dell’ impegno o del prodotto perbene. E invece, lui è celebrato in tutto il mondo come un maestro del fantastico, l’ inventore dell’ horror e del thriller all’ italiana, l’ autore di La maschera di cera e I tre volti della paura, di Sei donne per l’ assassino e Reazione a catena. Film pieni di invenzioni visive, di sangue, ma anche di humour: “Un genio della macchina da presa – diceva Christopher Lee, che aveva lavorato con lui in La frusta e il corpo – E una persona simpaticissima: sembrava Totò!”. A Genova è già stato omaggiato varie volte, ma domani ci sarà finalmente una celebrazione “ufficiale”, come primo appuntamento della Mediateca voluta dalla Regione a La Spezia. E a parlare di Bava verrà anche il figlio Lamberto, l’ autore di Demoni, Fantaghirò e di tanti altri successi al cinema o in tv. Pronto a ricordare le radici liguri della famiglia, perché è passato esattamente un secolo da quando il nonno venne svegliato una notte dai pionieri del cinema francese, innescando da allora l’ epopea della famiglia Bava nel cinema. «Sono cresciuto a Roma e sono romano – dice Lamberto – ma a casa mia il nonno e la nonna parlavano in dialetto, e anche mio padre si rivolgeva a loro nel dialetto di Sanremo: per cui anch’ io lo capisco un po’ ». Ma come entrò il cinema in quella casa di Sanremo? «Il mio bisnonno faceva lo scultore, e una notte d’ inizio ‘900 fu svegliato da una troupe francese della Pathé  che aveva urgente bisogno di un caminetto per un film che girava nei dintorni. L’ indomani mio nonno Eugenio, che in realtà si chiamava Francesco, andò a consegnarlo sul set e s’ innamorò subito del cinema. E da quel momento decise di farlo anche lui: prima con amici di Sanremo, poi a Torino e quindi a Roma. Era innanzitutto un inventore, uno studioso del moto perpetuo, uno che voleva sempre sperimentare novità tecniche: ed infatti a Roma lo fecero direttore del reparto trucchi ed effetti speciali dell’ Istituto Luce. La prima truka italiana la realizzò lui, in legno. E al centro della sua casa troneggiava un tornio, circondato da un sacco di radio rotte. Diceva che quando tornò a Sanremo, scoprì che i suoi vecchi amici erano quasi tutti finiti in manicomio. Secondo lui non c’ era da stupirsi, perché a Sanremo c’ è un vento forte che fa diventare tutti matti: e una storia come quella del “Barone rampante” di Calvino, ripetevano in casa, non poteva succedere che da quelle parti!». Nonno Bava era un pioniere, papà Mario era tutto: artista, regista, direttore della fotografia, genio dei trucchi fatti con due lire~ «Da ragazzo voleva fare il pittore, durante la guerra collaborava al “Marc’ Aurelio” con le sue vignette. Faceva film violentissimi, ma era un lettore raffinato e onnivoro: anche se adorava Cechov e i russi, in casa aveva di tutto, dai classici Ricciardi ai gialli all’ intera collezione di Urania. Amava la grande letteratura dell’ 800 perché era un uomo del 1914, ma leggeva anche Proust o Pavese, era continuamente aggiornato». E il rapporto con Sanremo? «Aveva nostalgia della Sanremo dell’ infanzia, ma non tornava volentieri, forse perché temeva di essere schiavizzato dalle zie.  A un certo punto gli dissero: ti diamo un pezzo di terra, vieni a farti la casa qua. Ma lui non tornò mai»

 

Vieni a trovarci

a Sanremo in via Matteotti 194 lo Studio è chiuso ma l’attività fotografica continua su appuntamento ai numeri:
346 9436915 – 349 7396715
o tramite Email info@moreschiphoto.it

0 Commenti

0 commenti