GIOVANNI DE LORENZO Generale dei Carabinieri

Giovanni De Lorenzo é stato un generale dell’esercito,  ed assunse la carica di Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri  e Capo di Stato Maggiore dell’esercito.  Figlio di un ufficiale di carriera dell’Arma di Artiglieria, seguì ancora bambino il padre dalla natia Sicilia a Genova, dove si laureò in ingegneria navale. Successivamente divenne ufficiale di cavalleria. Durante la seconda guerra mondiale, col grado di tenente colonnello partì per la Russia con l’ARMIR, come vice-capo dell’ufficio operazioni.  Dopo l’8 settembre 1943 divenne partigiano, operando dapprima sul fronte alpino, poi a Roma in ambiti di spionaggio militare; come tale, entrò in rapporti diretti e riservati con i vertici del CLN e del CLNAI, dai quali vennero poi molti importanti esponenti della politica repubblicana con i quali De Lorenzo mantenne sempre rapporti, a volte di convenienza a volte di conflitto soprattutto nel periodo in cui  fu nominato capo del SIFAR (1955-1962). Tecnicamente ed operativamente, il Sifar sembrava funzionare egregiamente sotto il suo comando, ma  Iniziava per il generale italiano una fase in cui avrebbe assunto in proprio una sorta di delega quasi assoluta  alla sicurezza nazionale, non informando a dovere Governo e Quirinale su molte sue personali iniziative.  A posteriori si seppe infatti che durante il suo lungo comando De Lorenzo aveva iniziato una gigantesca opera di schedatura degli esponenti più in vista di tutte le istituzioni e di tutti i gruppi sociali.  Dopo il suo passaggio al Servizio, fu detto umoristicamente da Andreotti: “in Italia di ignoto era rimasto solo il Milite.” politici, sindacalisti, imprenditori, uomini d’affari, intellettuali, religiosi (Papa compreso, in tutto circa 4.500) e naturalmente militari (tutti gli ufficiali superiori, nessuno escluso), furono indagati, così come tutti gli stranieri, e su ciascuno si raccolsero notizie circa frequentazioni, preferenze religiose e politiche, abitudini pubbliche e private.  L’indagine, che veniva estesa anche alle amicizie dei soggetti osservati (secondo alcune stime, già 157.000 erano i “titolari” di fascicoli individuali), avrebbe quindi raccolto dati, direttamente o indirettamente su una quota davvero ingente della popolazione. Dai circa duemila fascicoli stilati poco dopo la sua nomina, si passò ai circa 17.000 del 1960, finché nel 1962 il numero dei fascicoli ammontava a 117.000, stimati in 157.000 dalla commissione Beolchini; il giudizio (politico) della commissione sulla qualità delle schedature sarebbe stato in realtà poco lusinghiero, avendole definite forzosamente enfatizzate su difetti e chiacchiericci e sottintendendone quindi finalità ricattatorie. Divenuto generale di divisione, restò a capo del Servizio per effetto di una intervenuta legge (che Montanelli definì ad personam) grazie alla quale il comando del Servizio veniva equiparato a comando di grande unità, consentendogli di conservarne la guida e di ricavarne vantaggi di carriera, come la possibilità di accedere a comandi prestigiosi.  Nel  1962 fu nominato Comandante generale dei Carabinieri, in un frangente internazionale di massima allerta (nell’imminenza della crisi di Cuba) e, per quanto riguarda l’Italia, solo pochi giorni dopo l’apertura del Concilio Vaticano II (che registra una certa freddezza fra Santa Sede e USA) e pochi giorni prima della morte di Mattei, che aveva da poco ottenuto un indiretto appoggio dall’Osservatore Romano. Anche a comando generale di viale Romania, De Lorenzo si insediò con piglio e decisione, determinato a mettere ordine in una gigantesca struttura disorganizzata. Il suo comando è certamente quello più noto della storia dell’Arma ed è forse anche quello più ricco di significato, avendo apportato alla Benemerita innovazioni di primaria importanza fra le quali la reimpostazione in chiave militare dell’apparato.  Dal suo nuovo incarico riuscì a mantenere sempre un ruolo di primo piano nella vita della Repubblica, continuando ad avere contatti continui con il SIFAR ed il Quirinale. Ne sono testimonianza gli eventi svoltisi nel luglio 1964 in seguito alla crisi del Governo Moro I. Il giorno 15 De Lorenzo venne infatti ricevuto dal Presidente della Repubblica Antonio Segni nell’ambito delle consultazioni per la formazione del nuovo Governo. Segni lo ricevette (in realtà insieme ad altri militari a lui superiori) per sapere se a suo giudizio delle eventuali elezioni anticipate avrebbero potuto turbare l’ordine pubblico. De Lorenzo rispose che “la situazione è controllata e controllabile senza fare nulla, senza fare piani”. Di piani, nello specifico di piani di contingenza, De Lorenzo si intendeva bene, essendo considerato il massimo artefice della programmazione e dello sviluppo del Piano Solo.  La sua nomina fu infatti vista con favore oltre che da Aldo Moro, anche da esponenti della sinistra moderata come Pietro Nenni e Giuseppe Saragat (i quali si fidavano di un ex partigiano come De Lorenzo), ma fu invisa a qualche generale (come Paolo Gaspari, comandante della regione militare meridionale, che si dimise stilando una lettera estremamente polemica e che ebbe una moderata circolazione negli ambienti militari superiori). L’ irresistibile ascesa di De Lorenzo durò sino al gennaio 1967 sui dossier voluti da De Lorenzo ai tempi del SIFAR vi fu una serie di interrogazioni parlamentari. Il Ministro della Difesa socialdemocratico Roberto Tremelloni riconobbe l’esistenza dei fascicoli, parlando di un’attività non ortodossa dei servizi che descrisse, assicurandosi la primogenitura dell’uso del termine in questo senso, di “deviazioni”. In seguito al clamore suscitato dalla pubblica ammissione, il 15 aprile 1967, il Consiglio dei Ministri, con procedura eccezionale, mise a riposo il generale De Lorenzo.  Nel maggio seguente arrivò il colpo di grazia: il settimanale L’Europeo prima, e L’Espresso poi sostennero, riferendosi al Piano Solo, che nel 1964 Segni e De Lorenzo avevano tentato un colpo di stato. Secondo ricostruzioni che vanno guadagnando crescente credito, lo scoop de L’Espresso, più ricco di dettagli rispetto a quello della testata concorrente, sarebbe stato favorito dal KGB sovietico che, avendovi ovvio interesse, fornì ai giornalisti materiale sul Piano Solo. Leonid Kolosov, capo della struttura italiana del Servizio di Mosca, avrebbe poi ammesso nel 1992 di aver favorito la diffusione di queste notizie, raccolte in tempo reale nel ’64 grazie ad una talpa nel Sifar.  Alle elezioni politiche del 19 maggio 1968 De Lorenzo fu eletto alla Camera dei Deputati tra le fila del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica. Successivamente avrebbe militato per il Movimento Sociale Italiano.

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