Questa intercettazione telefonica d’epoca, sembra configurare il detonatore definitivo che ha fatto deflagrare, negli anni 50, una delle più importanti manifestazioni canore mondiali tuttora variamente pimpante. “Ho ricevuto tre lettere dal direttore del Casinò Municipale di Sanremo, un certo Pier Busseti. Un tipo molto insistente. Ci propone di organizzare nella sua casa da gioco un concorso musicale, un festival di canzoni, non ho capito bene… Dopo quello che ha passato con la guerra, l’Italia ha bisogno di ritrovare identità e autostima, e credo che la canzone popolare sia il mezzo giusto, la strada più facile”. E’ una normal-banale telefonata d’ufficio del direttore della Rai, Salvino Sernesi, al direttore artistico Giulio Razzi (fra l’altro nipote di Puccini) la scintilla che ha acceso il Festival dei Festival? Forse si !. Sicuramente non del tutto perché a Sanremo qualcosa di molto simile era già avvenuta vent’anni prima con il Festival Napoletano di fine dicembre 1931 e la canzone Italiana, allora, era quella fumata dal Vesuvio. Alla fine del 1945 il primo governo cittadino, tra gli eventi prospettati nel programma di rilancio della città, e per “colpa di Amilcare Rambaldi il futuro creatore ed animatore del Club Tenco, aveva inserito una manifestazione con un format somigliante quello del Festival. Rambaldi, ne aveva insistentemente parlato, e fantasticato, con Angelo Nizza, il Direttore artistico del riemerso Casinò. Quando a gestire la Casa da gioco giunse Pier Busseti finalmente un manager, discusso si, ma vero manager, Rambaldi e Nizza gli prospettarono l’iniziativa che provocò la famosa lettera alla Direzione RAI. Il Festival di Sanremo, quindi sta per nascere, ma lo fa decisamente sotto tono. Viene collocato nel primo giorno della settimana che, per le Case da Gioco (barbieri e parrucchieri compresi) viene considerato “morto” dal punto di vista dell’affluenza di clienti. Nel caso di questo tipo di manifestazioni, anche il secondo e terzo dì non valgono l’importanza assunta dai week end. L’elegante Giardino d’Inverno, destinato a spettacoli di varietà, sfilate di moda, serate di gala, nei momenti di grande affluenza veniva anche utilizzato come ristorante per i clienti che intendessero cenare prima di recarsi nelle adiacenti sale da gioco. Le tre serate del primo Festival, si snodarono, pertanto, in un’atmosfera piuttosto dimessa, con le canzoni vissute come l’abituale sottofondo musicale per gli avventori del casinò, intenti a consumare la loro cena a prezzo fisso di ben 500 lire. Per il resto d’Italia, lo diffuse radiofonicamente la RAI. I giornalisti inviati alla manifestazione furono solamente tre: Mario Casalbore, presente a Sanremo per altra ragione, Angelo Nizza (tra l’altro era il Direttore artistico e dell’Ufficio stampa interno del casinò!), Alfredo Panicucci e Vincenzo Rovi Campanile. L’organizzazione del Festival e la direzione artistica erano state affidate alla competenza organizzativa di Giulio Razzi, il quale si occupò insieme a Pier Busseti (gestore del casinò) della stesura del regolamento della gara canora; della scelta delle canzoni da presentare al Festival e della diretta radiofonica. Si decise così che i brani partecipanti fossero venti, scelti fra i duecentoquaranta presentati da case discografiche e da autori “indipendenti,” solo italiani. Le canzoni e le relative esecuzioni sarebbero state ripartite equamente nelle prime due serate: dieci lunedì 29, altrettante martedì 30. Il pubblico in sala, trasformato in giuria, ne avrebbe scelto 5 ogni sera da rieseguire nella serata finale di mercoledì 31 nel corso della quale i clienti in sala avrebbero decretata la canzone vincitrice del Festival, la seconda e la terza classificata. Con queste premesse, il primo Festival della Canzone Italiana sembra concepito, anzitutto, quale evento eminentemente radiofonico, trasmesso in diretta sulla “Rete Rossa” della RAI, che segue tutte le esecuzioni, escludendo la sala soltanto durante le votazioni del pubblico, per poi ricollegarsi al Casinò e seguire la comunicazione delle canzoni finaliste e la proclamazione della vincitrice (la terza serata). In sostanza si tende a far emergere le canzoni su tutto; i cantanti sono solo tre “strumenti” che eseguono, ciascuno diverse canzoni, (da soli, in duetti fra di loro). Gli aspetti artistici legati all’esecuzione dei brani vengono affidati dal direttore Razzi al maestro Cinico Angelini, direttore della storica “Orchestra Angelini”, il cui genere musicale tende a un forte tradizionalismo, ritenuto adatto ad un Festival della canzone italiana, é ben visto da una RAI che sembra tesa ad ostacolare la diffusione di ritmi statunitensi e sudamericani, in favore di una restaurazione della linea melodica nostrana. Angelini può, però, servirsi di un ridotto numero di componenti per l’orchestra sanremese ribattezzata “Orchestra della Canzone” con soli otto elementi. Ma con la grande esperienza di cui il maestro dispone, gli consente di elaborare gli arrangiamenti, scegliere i cantanti e assegnare loro le canzoni che meglio si prestano alle caratteristiche vocali di ognuno. Gli interpreti sono professionisti che hanno già lavorato insieme al maestro Angelini in numerose occasioni: sono Nilla Pizzi, il Duo Fasano ( sorelle gemelle: Secondina detta Dina, Terzina detta Delfina) e Achille Togliani. I commenti dei media del 1 febbraio 1951, furono lapidari come queste righe sul Corriere della Sera che diceva: “Ieri sera si è concluso a Sanremo il primo Festival della canzone italiana. Ha vinto Nilla Pizzi con Grazie dei fiori. l’autore è Saverio Seracini, un musicista non vedente.”
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