Isa Pola, è stato il nome d’arte scelto da Maria Luisa Betti di Montesano, attrice cinematografica e teatrale, descritta a suo tempo come l’incarnazione di un divismo nostrano, semplice e familiare, inizialmente votata al ruolo di vamp, ma portata, dal cambiamento del cinema italiano del secondo dopoguerra a interpretare figure femminili più vere e moderne, intelligenti e romantiche. Artista versatile, con una lunga e fortunata carriera che ne fece una delle protagoniste indiscusse dello spettacolo italiano della prima metà del 20° secolo. Iniziò, giovanissima, con un serio studio sulla tastiera di un pianoforte per poi approdare al cinema, casualmente, nel film I martiri d’Italia (1927) di Silvio Laurenti-Rosa, convinta dai produttori dell’Itala Film. Agli inizi, fu scelta per i molti ruoli da maliarda negli anni del cinema muto: ma nel 1932, la sua metamorfosi in ragazza romantica avvenne con La telefonista (1932) di Nunzio Malasomma, proseguendo con ruoli più o meno di rilievo a molti film realizzati da grandi registi italiani dell’epoca come Blasetti, Brignone e Camerini, o maestri stranieri come Walther Ruttmann che la diresse nel 1933 in Acciaio. A metà degli anni 30 passò dal cinema al teatro, nella Compagnia del teatro veneto, dove recitò accanto a Cesco Baseggio cimentandosi in testi goldoniani e pirandelliani senza mai tralasciare la macchina da presa. Nel 1944, con la regia di Vittorio De Sica, recitò in quello che la critica giudica il suo miglior film: I bambini ci guardano. Riprese a lavorare nel dopoguerra nel ruolo di una dark lady in Furia (1947) di Alessandrini, impersono una cinica borghese in Tre storie proibite (1952) diretto da Augusto Genina.
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