Jean-Honoré Fragonard (Nato a Grasse in Francia il 5 aprile 1732) è stato un pittore, importante esponente del rococò e uno dei maggiori artisti francesi del XVIII secolo. L’autoritratto a sinistra ed I suoi dipinti sono in genere caratterizzati da un particolare uso della luce e dalla rarefazione di determinate parti, utilizzata come espediente per rendere la leggerezza di alcuni elementi, come i panneggi o le bianche acconciature femminili. Fu un pittore storico, paesaggista e di genere. Si dedicò, con grande eleganza, anche alla pittura di carattere frivolo e malizioso, cosiddetta “erotica”. Nel 1773 passò alcuni giorni a Sanremo dei quali trascriviamo le sue impressioni d’epoca. Stava percorrendo il suo rituale “Gran Tour” assieme al suo collega ed amico Bergeret de Grancourt che registrò il viaggio, effettuato in parte su feluca, quindi in diligenza, a volte a dorso di mulo, approdando qualche anno dopo in tribunale per una lunga e feroce querelle con il Gallerista che aveva finanziato il viaggio su diritti e proprietà dei disegni realizzati lungo il percorso. Sanremo giovedì 11 Novembre 1773: Eccoci arrivati in questa città a 13 leghe da Antibes alle 2 del pomeriggio, via mare, dopo esserci imbarcati stamattina sulle nostre feluche. Il vento era divenuto favorevole per proseguire ma troppo buono e teso. Il viaggio era cominciato tra le battute di prammatica sugli effetti che il mare può causare senza rispettare nessuno. Ciascuno si premunisce e tutti sperano, sino al momento in cui il pericolo non sia passato. Ma non era ancora trascorsa un’ora che il primo della serie pagava lo scotto, seguito, in breve da tutta la compagnia. Quanto a me, convinto di aver passato l’esame in Inghilterra ed in Olanda, ho visto arrivare il mio esordio, e ben tre volte, tutto sommato senza particolari sforzi e grandi fatiche come, del resto, è accaduto a tutti gli altri durante il viaggio. Ci era stato promesso che i marinai avrebbero costeggiato usando i remi o le vele a scelta dei viaggiatori, ma non del tutto. Col vento fresco e favorevole il capobarca ne avrebbe approfittato per procedere, ma era obbligato ad allontanarsi dalla costa per tenere la rotta. Questa scelta avrebbe fatto si che la feluca, una struttura leggera, sotto la spinta delle due vele, sarebbe stata sballottata dai flutti con effetti poco gradevoli per i non marinai: anche se del tutto priva di possibili danni. Se si chiede al capitano di costeggiare a remi, lui controbatte che i remi servono con il mare calmo e non per solcare le onde che aumentano d’altezza man mano che ci si avvicina alla riva. Così quelli che pensano al transito tra Antibes e Genova come alla possibilità di sbarcare sulla costa ogni quarto d’ora, possono mettersi l’animo in pace alla pari di noi, che non siamo affatto contenti di esser stati sballottati dalle onde di oggi. Bisogna, pertanto ricominciare domani, e continuare doman l’altro, sinché non arriveremo a Genova; almeno é quello che speriamo. Per sovrappiù, siamo sbarcati in un pessimo albergo nella città di San Remo che non è poi così malvagia. Al nostro attivo, il Governatore ha inviato un graduato a darci il benvenuto ed offrire i suoi servigi, ed onestamente non ce lo aspettavamo. Abbiamo risposto sullo stesso tono prospettandogli che saremmo passati dal Governatore a ringraziarlo dopo la cena. Questi è un Grimaldi, parente del Doge genovese del quale parleremo in seguito. Abbiamo cenato con l’aiuto delle nostre provviste d’ogni sorta per un periodo di tre giorni in pane, vini e carne; ci siamo, di seguito, recati in visita dal Governatore che è persona, quanto di più onesta si possa pretendere. Ci siamo anche incontrati con il Console Francese che si è fatto in quattro per offrirci la sua assistenza. Potete ben vedere che non ci resta che lodare gli abitanti, e soprattutto i dirigenti di San Remo. Non abbiamo rinunciato, prima di cena, a percorrere le vie della città; soprattutto a visitare le chiese che cominciano ad evidenziare un aspetto di decoro e di benessere. Molti edifici avanzano anche pretese architettoniche, non per copiarla o trarre vantaggio dall’architettura, ma per essere ammirati ed esprimerne la ricchezza ancorché bizzarra e senza servire da modello. A San Remo ci assicurano che d’inverno raramente capitano giornate fredde. Gli alberi d’aranci e di limoni sono propagati e coltivati dappertutto in piena aria, producendo, più volte fiori e frutti. Non si ha notizia di alberi che abbiano perso le loro foglie; non esistono caminetti all’interno delle case; tutte le donne del popolo sono dotate di una reticella che raccoglie i loro capelli ai quali aggiungono qualche nastrino. Le abbiamo trovate forti d’aspetto, svelte e tutte d’un pezzo come le Turche o le Cinesi. Si dice che gli abitanti siano 1700 e la città dipenda dalla Repubblica di Genova. Io vado a letto verso le 11 di sera perché la partenza, se il vento sarà buono, scatta alle sei. San Remo venerdì 12 novembre. Mi lasciano dormire sino alle 7 del mattino perché il capitano ci annuncia di non ritenere adatte le condizioni per ripartire. Ed in effetti, ritorniamo dal porto, dopo aver visto i nostri mezzi ed il mare più agitati di ieri. Ci lasciamo di buon grado persuadere a sostare a San Remo per oggi ed ecco: la nostra decisione è presa. Di conseguenza ci mettiamo in marcia per visitare le chiese che ci restano da vedere; hanno tutte molte pretese nella decorazione sia all’interno che sulle facciate esterne dando un’impressione di ricchezza dal gusto tormentato, ispirato volumi tondeggianti ed altre varianti sul tema; ma si vedono molti marmi di colore diverso, colonne ritorte che hanno richiesto molto lavoro e che impreziosiscono l’ambiente. Eccoci, dunque, alla ricerca di quanto esiste di tutto ciò che può destare la nostra curiosità in questo luogo. Ci portano a visitare il palazzo del Marchese Borea. Le sue insegne sono rese ben esplicite sulla porta principale e sono le teste dei venti che soffiano. Ci ha voluto raccontare delle sue origini, ma poco ci interesse che la nobiltà sia di recente o antica origine. L’esterno del palazzo è sormontato da ornamenti di gusto simile a quelle delle chiese di prima, replicati nei piani superiori. Un’ingresso sulla via porta immediatamente ad un grande vestibolo ad uso esclusivo delle rare carrozze che vi possono arrivare; l’altra entrata consiste in un vestibolo a pianterreno che conduce ad un peristilio con una balaustra di marmo scuro e sostenuto da quattro colonne al quale si sale con otto gradini. Tutto ciò dona una certa importanza all’ambiente per chi sia disposto a considerarla tale, ma se esiste qualche grandezza, essa rimane vicina ad un soffitto così basso o nei pressi di una porta così minuscola, o la dove si arriva ad uno scalone così alto e ripido senza alcun insieme che giustifichi la fama del palazzo. Dopo esserci duramente arrampicati ci troviamo davanti a grandi porte piatte, come se fossero ricavate da una sola tavola, ed entriamo in un grande ambiente tutto a volte come quelle che si vedono in questo paese. Vi abbiamo ammirato qualche dipinto d’Italia di antichi maestri, si vede qualche buon oggetto, non tale da suscitar entusiasmi. Questo è mescolato a mediocri tele moderne ed in numero sufficiente spargere la voce nei dintorni che esiste un palazzo pieno di quadri. Ci siamo solo soffermati con attenzione ad un’opera di modeste dimensioni di Benedetto Castiglione detto il Grechetto (un pittore nato a Genova nel 1616 e morto a Mantova nel 1670) almeno realizzata per chi sappia apprezzarla. C’è stata fatta ammirare l’infilata di appartamenti, le cui porte non rappresentano che delle tavole come del resto le finestre; ci è stata sottolineato l’aspetto di una camere-alcova che guarda su una strada, arredata con damaschi con un a serie di sedie d’epoca nei confronti della quale non vorrei cercare grane; ma le decorazioni dell’alcova, le dorature e le tinte ricordano quelle mediocri cappelle dedicate alla Vergine per le quali l’impresario si rovinato nel pagare un decoratore di mezza tacca. Tuttavia, continuiamo a dire che tutto è molto bello mentre ci vengono citati i nomi dei Re, principi e personalità che vi hanno dormito. La vista verso il mare è particolarmente gradevole; spazia su ampi frutteti di aranci e limoni in ordine sparso ma di un effetto considerevole. Tutti questi terreni appartengono al Marchese Borea come molte costruzioni della città. Ci vien detto che ha molti possedimenti a Genova ed a Roma e che si tratta di persona potente e ricca. Il Governatore Grimaldi ci ha fatto l’onore di venirci ad incontrare nel pessimo albergo in cui alloggiamo; ben felici di avere al seguito il nostro cuoco noi rischieremmo molte volte di morire di fame e le nostre provviste comperate ad Antibes ci sono di grande aiuto. Continuiamo al nostra passeggiata per San Remo nell’attesa della nostra cena verso le cinque il nostro solito orario; eccoci seduti a tavola silenzio, infatti noi siamo sempre in movimento e vivaci. Alle 7, dopo cena, abbiamo chiesto al Governatore se voleva riceverci ed abbiamo passato un’ora da lui. E’ amabile, deciso, onesto, ha circa 35 anni d’età, parla bene il francese. Abbiamo giocato a trente et quarante, con la perdita di circa 2 Luigi, assieme a due signore ed a una dozzina di uomini. Questo, più o meno è quello che si può sapere di particolare a proposito della gente di una certa specie a San Remo, in più di quello che mi era stato detto. Questa sera vento e pioggia hanno ripreso ben più forti che negli ultimi giorni. Non so cosa abbia il mare, ma continua ad emettere gemiti spaventosi e piuttosto che mangiarci le nostre sostanze in un luogo come questo abbiamo appena concluso un contratto per cavalcare a dorso di un mulo, verso Genova lungo la costa; almeno, poggeremo sulla terra ferma. D’altra parte, può darsi che incontreremo qualche torrente che dovremo rispettare e che ci fermerà. D’altronde, saremo in forze; ci saranno di conforto questi 4 giorni. Questa passeggiata varrà bene un disegno. Siamo dieci, tra cui due donne, quattro mulattieri e un undicesimo mulo per il bagaglio del menù. Durante questo periodo, la nostra flotta di due feluche prenderà, se lo desidera, il largo con tutte le nostre carrozzelle smontate ed andrà a Genova, il tempo grosso che li preoccupa molto poco. I nostri comandanti convengono che quel tempo è se non allarmante, almeno fastidioso per le persone che non siano abituate al mare. Tutta la nostra truppa è molto soddisfatta di questa soluzione e lo sono anche io. Mi è stato detto che dal 12 al 20 novembre il mare sarebbe stato poco trattabile. I nostri 4 giorni di blocco tanto a Marsiglia che a Tolone hanno sconvolto le nostre tabelle di marcia che avrebbe dovuto svolgersi con tempo buono che oggi ci manca per colpa dei quattro giorni mancanti in cui il mare doveva esser tranquillo e favorevole. Non piangiamoci sopra; guardiamo a questi avvenimenti cogli occhi del pittore e del suo quadro. Vediamo nere carovane molto curiose e soggette agli accadimenti che ciascuno provocherà. Non possono che rivelarsi gradevoli, visto il grande numero dei viaggiatori. Mi corico prima delle 11 al suono dei lamenti del mare. A domattina con l’ordine di partenza per la cavalcata fissato alle 7.
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