Natale Codognotto, ligure di Cogoleto, in arte Natalino Otto, celebre cantante ritmico ha iniziato una lunga carriera artistica nel 1935 che prosegue sino al termine degli anni settanta partecipando a cinque edizioni del Festival di Sanremo. Il suo miglior piazzamento nella gara rimane il terzo posto con la canzone “Canto nella valle” nel 1955, ma non può lamentarsi della mancata vittoria perché quell’ anno si sposò con la cantante Flo Sandon’s, un amore sbocciato proprio al festival di Sanremo, una città nella quale soggiornò in diverse occasioni partecipando nel 1961 ad Europa in fiore sfilando su un carro fiorito e nel quando vinse con la sua composizione “T’aspetto a Sanremo” il concorso indetto per una canzone “pubblicitaria” per la Città dei fiori. Ma questo era il Natalino Otto famoso e celebrato, ben diverso da quello che negli anni ‘20 muoveva i suoi primi passi di tip tap, esplorava i ritmi del tamburo, pagandosi le lezioni con gli spiccioli guadagnati da apprendista sarto. La dura gavetta riuscì lentamente a maturarsi in professione vera con un lungo pellegrinaggio attraverso numerose orchestre genovesi dapprima nelle vesti di attrezzista, quindi sostituendo qualche musicista assente. A soli sedici anni si insedia alla batteria nell’orchestra di George Link; batterista di bordo su un transatlantico gioca per anni a fare ping pong tra le coste d’Europa e d’America del Nord. A bordo del “Conte di Savoia” nasce lentamente l’artista “Natalino Otto”, affinando il suo stile alla batteria e a cantare i ritornelli attraverso un megafono raggiungendo un successo praticamente immediato presso un pubblico che apprezzava sonorità moderne all’epoca, tassativamente proibite nell’Italia Mussoliniana, coltivate però da Vittorio, il figlio del Capo. La leggenda vuole che Natalino abbia attraversato l’Atlantico addirittura trentotto volte ed abbia avuto modo di sviluppare il suo stile unico, influenzato dalla conoscenza diretta di alcuni illustri colleghi nordamericani ; nel 1935 a New York conobbe Gene Krupa, all’epoca fra i più rinomati batteristi jazz, e fu in grado di proporre i suoi pezzi ad un pubblico italiano ancora più vasto, grazie alla radio. Il primo successo fu “Parlami d’Amore Mariù”, ancora oggi una delle sue canzoni più amate e conosciute. La frequentazione con un altro gigante del jazz, il violinista Joe Venuti, che gli propose addirittura di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti, accrebbe il bagaglio musicale di Otto e la sua notorietà, favorita dai suoi primi dischi in vinile e gli spartiti dei pezzi scritti, alternando la sua attività di orchestrale a quella di esecutore vocale al microfono. Verso la fine anni 30, scende dalle navi e mette i piedi a terra a Roma nell’orchestra di Armando Fragna, poi a Milano, dove il Maestro Mulazzi lo conferma nei panni di cantante e gli consiglia uno pseudonimo che spunta nel 1937. E’ il periodo in cui inizia il suo sodalizio artistico con Gorni Kramer, celebre direttore d’orchestra, allestendo un repertorio prevalentemente americano. Arrivano, così, i problemi con la censura. Alla fine della guerra arriva la sua seconda vita musicale, una serie di successi che lo porta, nel 1954 sul palco di Sanremo.
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