Il Devachan sorge su una collina a ponente della città ed un tempo si accedeva al castello, passando da Corso degli inglesi, attraverso un monumentale cancello in ferro battuto in stile fiorentino che svolge ancora oggi le sue funzioni, ma in un’altra zona della città, precisamente a San Bartolomeo. L’artistico manufatto ha una movimentata storia alle sue spalle, che vale la pena di accennare perché il suo primo committente è stato nientedimeno che il più cariato dei poeti e letterati italiani: Gabriele D’Annunzio. Il Vate lo aveva ordinato per la sua villa fiorentina, condivisa per alcuni anni con Eleonora Duse, sino al termine del tormentato menage. Quando la celebre attrice tagliò i suoi rapporti amorosi, ma soprattutto quelli finanziari con il poeta scialacquatore, in breve tempo i numerosi creditori misero l’edificio, il mobilio e il cancello all’asta. Fu così che la splendida opera in ferro battuto giunse a Sanremo, dove cigolò per una sessantina d’anni accogliendo ospiti di rilievo, ma subì anche le truppe tedesche durante il conflitto mondiale e nel primo dopoguerra, con il palazzo trasformato in pensione le prime chiassose comitive di stranieri. Al momento della sua costruzione, come si vede dalle foto commissionate negli anni 30 a Gianni Moreschi dall’ultimo proprietario l’inglese Mister Archdale Porter, che vediamo ritratto davanti all’ingresso del Castello.
L’arredamento era in rigoroso stile “Luigi XVI” e le stanze al piano terra ospitavano la biblioteca, la sala del biliardo e le numerose sale destinate a ricevere gli ospiti. Il Castello Devachan è ricordato universalmente per aver ospitato nei giorni 19 e 20 aprile del 1920 la riunione delle potenze alleate, convocata per definire le linee programmatiche della futura spartizione del territorio dell’Impero turco, uscito sconfitto dalla prima guerra mondiale. Il suo proprietario di allora, il comandante Edoardo Mercegaglia, l’aveva messa a disposizione del Governo Italiano per l’incontro che passerà alla storia come la “Conferenza internazionale di pace di Sanremo” e contribuì alla preparazione del trattato di pace, che sarà firmato nel successivo mese di agosto. Il convegno si svolse tra palme e fiori, dai profumi e colori straordinari e con gli ospiti affascinati dal prestigio e splendore degli alberghi della città. Agli incontri parteciparono i più importanti statisti e diplomatici internazionali: gli inglesi rappresentati dal ministro inglese Lloyd George che, arrivato via mare prende alloggio all’Hotel Royal; il ministro francese Alexandre Millerand alloggiato all’Hotel Savoy; i rappresentanti di Giappone, Grecia, Belgio insieme a all’ambasciatore statunitense Johnson Underwood, in qualità di osservatore. Giunsero anche le delegazioni degli Stati Uniti e della Jugoslavia. Il convegno è presieduto dal primo ministro italiano Francesco Saverio Nitti, accompagnato dal Generale Pietro Badoglio e dal Ministro degli Esteri On. Scialoia. In quei giorni vennero tracciati i nuovi confini del Medio Oriente, e si stabilirono “nell’interesse delle popolazioni locali” i protettorati e la spartizione di influenze delle potenze europee sui territori della Siria, Palestina, Libano, l’attuale Turchia, Iran e Iraq. In particolare furono calmati gli appetiti di Francia ed Inghilterra, mentre all’Italia restarono le briciole di Rodi e del Dodecaneso, il diritto allo sfruttamento di un territorio che comprendeva Konia, la città dei dervisci rotanti, e la zona costiera di Antalya. Il nome del castello, che ha ospitato l’incontro internazionale, deriva dalla lingua indiana: infatti, Devachan significa “secondo cielo del paradiso dell’anima” e per i buddisti fiduciosi rappresenta un luogo di sosta durante il cammino verso il Nirvana. Un luogo di pace e di beatitudine, così si era presentata la città di Sanremo agli ospiti e villeggianti. Tutti i partecipanti, infatti, rimasero entusiasti del soggiorno in città, e, per paradosso, proprio Sanremo, che con questa conferenza sancì la fine dell’Impero Ottomano, diventerà la metà preferita, ma anche terminale, di Mehmet VI°, l’ultimo sultano esiliato. Oggi, dopo 90 anni di gloria e di storia, la dimora che ha ospitato la conferenza si è trasformata in esclusivo residence per famiglie facoltose e pochi forse ricordano questo episodio. Dal Castello è scomparsa una magnifica opera in ferro battuto, una porta apparentemente destinata a custodire l’impianto idraulico della casa. Documentata nella foto scattata a suo tempo da Gianni Moreschi riproduce proprio il Paradiso indiano in modo talmente mirabile che le conferisce un alto valore artistico e commerciale. Dov’è finita? Un mistero! Infine, un paio di effetti collaterali legati alla Conferenza della Pace: il primo è legato al gran numero di persone intervenute, che saturò completamente il cospicuo numero di posti letto di allora e provocò l’esaurimento di molte scorte alimentari, in particolare dello zucchero, che sparì per alcuni giorni dai negozi cittadini e dalle dispense degli alberghi.
L’altro episodio riguarda il proprietario dell’Hotel de Nice, che proprio in quei giorni era completamente sottosopra per una ristrutturazione, tanto che fu destinato ad ospitare le tende e le brande dei carabinieri addetti alla sicurezza delle personalità presenti. Alla fine della Conferenza l’esercente cercò di ottenere un vantaggio, tentando di presentare come danneggiamenti molti dei lavori in corso e la cosa si trascinò a lungo nelle aule del tribunale. Come documentazione scritta dell’evento, pubblicata su qualche quotidiano dell’epoca, resta la stizzita protesta del Vate, confinato a Fiume, il quale minaccia di bombardare con volantini la città dei biscazzieri che usa il mobilio di un suo “antico naufragio”!!!!
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